Perchè l'abbuffata

Spesso i soggetti in sovrappeso presentano delle caratteristiche di personalità come il perfezionismo, la bassa autostima, il pensiero tutto o nulla e l’insoddisfazione con la vita e con se stessi che talvolta li porta ad avere un’estrema preoccupazione per la forma e il peso corporeo.
Per far fronte all’insoddisfazione vissuta per il peso e per la forma del corpo, una delle soluzioni adottate è quella di iniziare una dieta, spesso molto ristretta, che consiste nell’evitamento di cibi o nella riduzione delle porzioni o addirittura nel salto di alcuni pasti.
Lo stare a dieta induce un senso di deprivazione che può essere avvertito sia dal punto di vista fisiologico che cognitivo e ciò può dare inizio al fenomeno dell’abbuffata.

L’abbuffata compulsiva è una risposta naturale all’essere cronicamente a dieta e agli sforzi prolungati di mantenere un peso corporeo più basso.

La restrizione eccessiva comporta biologicamente un tentativo di compensazione che si traduce in abbuffate o in fame nervosa durante la restrizione calorica. E’ come se si chiedesse ad una persona di resistere sott’acqua il più possibile senza respirare: non appena riemerge, il corpo attiva immediatamente un meccanismo di compensazione che permette, attraverso l’accelerazione della respirazione, di introdurre quanto più ossigeno possibile per riequilibrarne la sottrazione. Solitamente la restrizione alimentare porta successivamente alla rottura della dieta o addirittura alla fame compulsiva. In tale dinamica restrittiva il paziente, prima o dopo, va incontro ad un fallimento che porta al recupero del peso perso e alla percezione di sé come individuo privo di volontà e di capacità di riuscita, inducendo un senso di vergogna e di colpa per aver infranto le regole e per non essere stato capace di controllarsi.
Ma è come se si chiedesse alla persona di provare a resistere sott’acqua un’ora senza respirare per vincere un milione di euro: non importa a questo punto la quantità di forza di volontà o di spinta motivazionale con cui il paziente si accinge a provare, che può essere anche molto forte, conta invece la non fattibilità e idoneità da un punto di vista prima di tutto fisiologico. Inoltre la paura di aumentare di peso può essere così forte da portare a misure compensatorie estreme come l’utilizzo del vomito autoindotto e/o l’abuso di lassativi e diuretici.
Frequentemente, però, c’è il tentativo di riacquistare il controllo intraprendendo un nuovo periodo di diete che creeranno, con l’andare del tempo, un ciclo che diviene auto perpetuante, in quanto ad ogni nuova perdita di controllo sul cibo si avrà un peggioramento generale delle caratteristiche personali evidenziate all’inizio e un aumento delle preoccupazioni nei confronti delle forme e del peso corporeo.
E’ solo quando la persona inizia ad interrompere questo schema mangiando normalmente, che gli impulsi ad abbuffarsi recedono, a tutto vantaggio della sfera psico-comportamentale.
“Quando stavo a dieta pensavo sempre al cibo, dovevo sempre controllarmi, sentivo la tensione fino a quando scoppiavo. Pensavo di non avere una buona forza di volontà. Adesso non sono diventata forte, è che non serve controllarmi, ho quello che mi serve.”

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